mercoledì 26 marzo 2008

Letture di viaggi



Viaggiamo/leggiamo con Paolo Rumiz

Mi piace molto leggere racconti e romanzi di viaggi e volevo suggerirvi un autore che a me piace molto, tanto nei toni e modi con cui racconta luoghi e percorsi, quanto nelle descrizioni e nelle “fantasiose” avventure che ogni anno si inventa.
Sto parlando di Paolo Rumiz, giornalista di professione, prima come inviato speciale del Piccolo di Trieste e in seguito editorialista di la Repubblica. Dal 1986 segue gli eventi dell'area balcanica; durante la dissoluzione della Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e successivamente in Bosnia Erzegovina. Nel novembre 2001 è stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, per documentare l'attacco statunitense all'Afghanistan.

Molti suoi reportage narrano i viaggi compiuti, sia per lavoro che per diletto, attraverso l'Italia e l'Europa.
Estate 1998: pedala in bicicletta da Trieste a Vienna in compagnia del figlio (Dove andiamo stando?, pubblicato poi su Diario nell'autunno 1998)
Primavera 1999: esplora le regioni della costa adriatica italiana in automobile, da Gorizia al Salento (Capolinea Bisanzio, pubblicato su Repubblica nel gennaio del 1999)
Inverno 1999: percorre in treno la tratta Trieste-Kiev (L'uomo davanti a me è un ruteno, pubblicato sul Piccolo nello stesso anno)
Primavera 2000: si imbarca sul Danubio a Budapest per arrivare al confine tra Serbia e Romania (Ljubo è un battelliere, inserito in È oriente del 2003)
Inverno 2000: va, ancora in treno, da Berlino a Istanbul (Chiamiamolo Oriente, pubblicato su Repubblica nel gennaio del 2000)
Primavera 2001: girovaga per il nord-est in bicicletta, da Trieste al Gavia (La frica e la jota, inserito in È oriente del 2003)

Da qualche anno a questa parte compie il canonico viaggio ogni estate, in agosto, raccontandolo di giorno in giorno su Repubblica.
2001: percorre in bicicletta, insieme al vignettista Francesco Tullio Altan ed a Emilio Rigatti, i quasi 2000 Km che separano Istanbul da Trieste
2002: gira l'Italia in treno per 7480 Km, come la Transiberiana dagli Urali a Vladivostok, in compagnia delle vignette di Altan e dell'attore e regista Marco Paolini
2003: attraversa 6 nazioni andando da Fiume (Croazia) fino in Liguria lungo i 3000 Km delle Alpi
2004: in barca a vela, sulle rotte della Serenissima, da Venezia a Lepanto
2005: parte da Torino per raggiungere il sepolcro di Cristo, a Gerusalemme con Moni Ovadia e la fotografa Monika Bulaj
2006: a bordo di una Topolino, attraversa le strade secondarie degli Appennini andando dalla Liguria fino all'estrema punta della Calabria.
2007: segue le tracce del condottiero cartaginese Annibale e nell'autunno dello stesso anno pubblica su Il Piccolo Diario minimo, resoconto di un viaggio in Cina

Fra i suoi libri mi piace ricordare
Vento di terra. Istria e Fiume, appunti di viaggio tra i Balcani e il Mediterraneo, Mgs press 1994
È un diario di viaggio che nasce da una constatazione: l'Istria, come la Bosnia, è uno spazio multietnico violentato, dunque può diventare un moltiplicatore di pressioni nazionalistiche esterne. Ma il libro trae alimento dalla convinzione antitetica che l'Istria ha in sé i numeri per diventare, al contrario della Bosnia, uno spazio di riavvicinamento fra le due Europe. Nei Balcani l'orrore nasce dalla paranoia di far coincidere Stato e Nazione; in Istria il riconoscimento pieno delle autoctonie può diventare invece elemento di forza, anziché di debolezza, delle diverse sovranità statali.

Tre uomini in bicicletta, con Francesco Altan ed Emilio Rigatti, Feltrinelli 2002
Tre bici, tre cinquantenni, la Grande Diagonale del Bosforo. Un trio di amici mai cresciuti affrontano 2000 chilometri in diciotto tappe, “alla portata di chiunque sia sano di corpo e di mente. Il senso vero è stato l’immenso, infantile, primordiale divertimento”. Da Trieste giù fino ad Istanbul, attraverso i Balcani, verso l’Oriente, dentro l’“Est” (una parola secca che suona “come un marchio, un timbro extracomunitario che respinge, notifica i nostri vuoti mentali e i nostri pregiudizi”). Un libro che è un diario di bordo.
A cavallo di una “Haro estreme” color rosa confetto il giornalista guida la galoppata sicura e silenziosa di Francesco Altan ed Emilio Rigatti, rispettivamente vignettista ed insegnante. Un viaggio datato Luglio 2001, pubblicato tappa dopo tappa su La Repubblica nell’Agosto dello stesso anno. Nella versione pubblicata da Feltrinelli, tale bricolage di sensazioni e flash di viaggio si comprimono in una vera e propria guida per avventurieri ciclisti on the road: numerosissimi i consigli di percorso, le condizioni e la percorribilità delle strade, l’accoglienza e la qualità delle locande, e dettagliati e minuziosi sono i tempi di percorrenza grazie alle note tecniche di Rigatti e l’innesto di mappe topografiche del percorso seguito (quasi a rendere più concreta e tangibile questa rincorsa dell’Aurora). Piacevole e riuscita è l’integrazione delle istantanee umoristiche del disegnatore Altan, magnifici contrappunti all’interno della prosa di Rumiz.

È oriente, Feltrinelli 2003
“Metti una sera d’inverno a Berlino. Una locanda, una birra e una fantastica meta, Istanbul. Sul tavolo, una carta geografica con il percorso, uno zigzag fra isole chiamate Slovacchia, Ucraina, Carpazi, Moldavia, Bulgaria. Cent’anni fa erano ancora l’Oriente del ‘nostro’ mondo. Oggi sono solo Est, una sigla che marchia le periferie della politica e della mente. La mappa parla chiaro. Il Muro è caduto, ma un pezzo d’Europa si allontana da noi, va alla deriva in un labirinto di frontiere, secessioni, disastri bellici e ambientali."Molta parte di quello che può essere chiamato “il mondo di Paolo Rumiz” è contenuto in questa apertura. L’Est (guardato per lo più da quel formidabile osservatorio di frontiera che è Trieste), il gusto del viaggio o piuttosto dell’andare (attraversando paesaggi, incontrando uomini, sondando umori), la fascinazione del racconto e della parola. In questo libro in cui molte strade si intrecciano su quell’ideale confine d’acqua che è il corso del Danubio, non mancano affondi, interferenze, meditate diversioni che portano in Italia, quasi la fatica e la bellezza dell’andare (con ogni mezzo: a piedi, in bicicletta, in treno) fosse comunque e sempre la penetrazione di un altrove che riconduce alla percezione del nostro paese. E Trieste è sempre lì a far da sentinella fra due diversi "altrove".

Gerusalemme perduta, con Monika Bulaj, Frassinelli 2005
"Una follia. Un peccato di superbia. Una fatica improba. Non so definire altrimenti un viaggio come questo, col taccuino a raccogliere briciole di Dio, ripercorrendo a ritroso la strada dei primi cristiani dall'Italia a Gerusalemme e incontrando a ogni passo del cammino le fedi sorelle, islam e giudaismo. L'argomento, troppo grande, produce inevitabili turbolenze, dubbi, inquietudini, depistaggi. Siamo entrati in questo terreno nuovo senza guide, da viaggiatori fai-da-te, rifiutando il tranello di un approccio solo archeologico. Cercavamo banalmente racconti e immagini dei cristiani di oggi. Monika Bulaj non ha solo osservato e fotografato. Ha trasformato questa ricerca in una straordinaria avventura."

La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli 2007
Un viaggio di 7.000 chilometri che cavalca la gobba montuosa della balena-Italia lungo Alpi e Appennini, dal Golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). Parte dal mare, arriva sul mare, naviga come un transatlantico con due murate affacciate sulle onde ed evoca metafore marine, come di chi veleggia in un immenso arcipelago emerso. Trovi valli dove non esiste l'elettricità, incontri grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, scivoli accanto a ferrovie abitate da mufloni e case cantoniere che emergono da un tempo lontanissimo, conosci bivacchi in fondo a caverne e santuari dove divinità pre-romane sbucano dietro ai santi del calendario. E poi ancora ti imbatti in parroci bracconieri, custodi di rifugi leggendari, musicanti in cerca di radici come Francesco Guccini o Vinicio Capossela. Un'Italia di quota, poco visibile e poco raccontata. Le due parti - o forse i due "libri", alla maniera latina - del racconto, Alpi e Appennini, hanno andatura e metrica diverse. Le Alpi sono pilastri visibili, famosi; sono fatte di monoliti ben illuminati e percorse da grandi strade. Gli Appennini no: sono arcani, spopolati, dimenticati, nonostante in essi si annidi l'identità profonda della nazione. Questo racconto di "monti naviganti" è cominciato sul quotidiano "la Repubblica" ed è diventato un poema di uomini e luoghi, impreziosito da una storia "per immagini" della fotografa Monika Bulaj, che ha seguito Paolo Rumiz in alcune tappe di questa avventura.

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