mercoledì 24 dicembre 2008

Buone Feste

Festa doppia

Cari amici blog-nauti è finalmente arrivato il 24 dicembre e permettetemi di dire che oggi è festa doppia!

Proprio in questi giorni, infatti, il blog compie un anno e voglio ancora ringraziarvi per le numerose visite e per i commenti!

Con questo post (e con alcune filastrocche e poesie che seguono) voglio fare a tutti un AUGURIO SPECIALE per un sereno Natale ed uno scoppiettante Capodanno.... e con il nuovo anno ho già in mente tante notizie e post che spero continueranno ad interessarvi!!!

La neve
Che bella neve, che invenzione
la neve di lana e di cotone…
Non bagna i guanti
né le mani senza guanti,
né i piedi senza scarpe,
né i nasi senza sciarpe,
né le teste senza cappello,
né i cappelli senza ombrello,
né le stufe senza carbone,
questa bellissima invenzione,
la neve di lana e di cotone.
Gianni Rodari

Il primo giorno dell'anno
Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte lo andiamo a ricevere
come se fosse un esploratore
che scende da una stella.
La terra accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo bagnerà con frecce di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà nell'ombra.
Eppure piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell'anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo.
Pablo Neruda

O' cunto
E ogn'anno,
'o mes' 'austo,
puntualmente
ognuno conta 'o cunto
a modo suio...
Eduardo De Filippo

Natale, un Giorno
Perché dappertutto ci sono cosi tanti recinti?
In fondo tutto il mondo e un grande recinto.
Perché la gente parla lingue diverse?
In fondo tutti diciamo le stesse cose.
Perché il colore della pelle non e indifferente?
In fondo siamo tutti diversi.
Perché gli adulti fanno la guerra?
Dio certamente non lo vuole.
Perché avvelenano la terra?
Abbiamo solo quella.
A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo.
Allora ci sarà un enorme albero di Natale con milioni di candele.
Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l’enorme albero fino alla punta.
Allora tutti si diranno "Buon Natale!"
a Natale, un giorno.
Hirokazu Ogura

giovedì 18 dicembre 2008

Walt Whitman



Tra gli animali...

Credo ch’io potrei vivere tra gli animali,
che sono così placidi e pieni di decoro.

Io li ho osservati tante volte e a lungo;
non s’affannano, non gemono sulle loro condizioni,
non stanno svegli al buio, per piangere sopra i
loro peccati,
non m’indignano discutendo i loro doveri verso Dio,
nessuno è insoddisfatto, nessuno ha la mania
infausta di possedere cose,
nessuno si inginocchia innanzi all’altro, né ai suoi
simili vissuti migliaia d’anni fa.

Nessuno è rispettabile tra loro, od infelice,
sulla terra intiera.

Biografia
Walt Whitman nasce nel 1819 a West Hills, Long Island, da una famiglia di umili condizioni che nel 1823 si trasferisce a Brooklyn. Gli studi regolari di Whitman in una scuola pubblica durano dal 1823 al 1830; poi dal 1835 lavora a New York in una tipografia. In seguito Whitman fa il maestro elementare, il fattorino, il giornalista (nell'America dei pionieri il passaggio da tipografo a giornalista era naturale).
Nel 1833 pubblica la prima edizione di Foglie d'erba, l'opera cui il poeta americano dedicherà tutta la vita.
Il libro non porta il nome dell'editore né quello dell'autore: include un ritratto di Whitman in abito da operaio e consiste di dodici poesie senza titolo e una prefazione. La seconda edizione - pubblicata nel 1836 - riporta invece il nome dell'autore in copertina e sul retro viene riportata la lettera di Emerson che aveva salutato con un giudizio altamente positivo la prima apparizione della raccolta di poesie.
L'assassionio di Abramo Lincoln nell'aprile 1865 gli ispirano poi i testi di Rulli di tamburo e di In memoria del presidente Lincoln.
Nel 1873 Whitman rimane parzialmente paralizzato e nello stesso anno muore sua madre: il poeta si trasferisce quindi dal fratello George a Camden, nel New Jersey, dove morirà nel 1892 dopo aver fatto ancora alcuni brevi viaggi e dopo aver subito un nuovo attacco apoplettico e una nuova paralisi.


martedì 16 dicembre 2008

Bertold Brecht





Generale, il tuo carro armato

Generale,
il tuo carro armato è una macchina potente.
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale,
il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale,
l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

Biografia
Bertold Brecht - poeta e drammaturgo - nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta, in Germania, da una famiglia della recente borghesia (il padre era amministratore delegato di un'impresa industriale).
Durante la prima guerra mondiale cominciò a scrivere occupandosi suprattutto di teatro. Nel 1920 si trasferì a Monaco e nel 1924 andò a Berlino.
Si avvicinò al marxismo attraverso Walter Benjamin e Karl Korsch e strinse stretti rapporti con il Partito comunista tedesco.
Lasciò la Germania dopo l'incendio del Reichstag e sfuggì ai nazisti quando questi invasero la Danimarca riparando in Finlandia; presto dovette abbandonare, però, anche questo paese e fuggì verso Mosca e di qui raggiunse gli Stati Uniti.
Dopo la guerra fu inquisito dal Comitato per le attività antiamericane; lasciò gli Stati Uniti e si trasferì A Berlino Est dove fondò la celebre compagnia Berliner Ensamble (1949).
Morì a Berlino nel 1956.

http://it.wikipedia.org/wiki/Bertolt_Brecht

lunedì 15 dicembre 2008

Nobel per la Pace


9° Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace

Si è tenuto la scorsa settimana (dall’11 al 13 dicembre) il 9° Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace durante il quale è stato affrontato il tema generale dei “Diritti dell’Uomo: per un mondo senza violenza”.
Il Summit si è svolto a Parigi (anziché a Roma come nelle precedenti edizioni) in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e ha riunito un gran numero di Premi Nobel per la Pace e diversi protagonisti della scena internazionale impegnati nella battaglia a favore della pace e della difesa del rispetto dei diritti dell’uomo.
Tra questi, oltre a Walter Veltroni e Mikhail Gorbaciov in qualità di organizzatori, erano presenti i Premi Nobel Frederik Willem De Klerk, Lech Walesa, John Hume, Mairead Corrigan Maguire, Betty Williams, e gli ospiti d’onore Bono, Ingrid Bétancourt, Kerry Kennedy, Sein Win.
Tra i vari presenti spiccava il vuoto lasciato da Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991 e ancora prigioniera nel suo Paese. A lei, esempio massimo della negazione di quei diritti di cui si celebra la ricorrenza, è dedicata questa edizione del Summit.

Sta girando in questi giorni in televisione un nuovo spot della Lancia - sponsor principale del 9° Summit Mondiale - che ha come protagonisti propria alcuni premi Nobel presenti al Summit. Attraverso questo filmato, Lancia vuole in qualche modo aiutare questi grandi personaggi a far arrivare il loro messaggio in ogni parte del mondo.
Non è la prima volta che l'azienda automobilistica produce filmati (comunque pubblicitari) attraverso i quali sensibilizzare l’opinione pubblica sui Diritti Umani… Alla presentazione del filmato, Olivier Francois (Amministratore Delegato di Lancia Automobiles) ha dichiarato che “ci può essere sintonia tra gli obiettivi di un costruttore di automobili e gli obiettivi di chi si batte per la pace e i diritti umani, se entrambe le parti mettono in campo le proprie forze e la propria immagine per un messaggio coraggioso e giusto”.

Vi confesso che a me il filmato piace: mi è rimasto impresso, ma ha colpito, così come mi era piaciuto molto anche lo spot (sempre Lancia) che la casa automobilistica aveva fatto con Richard Gere sul Tibet, per sensibilizzare – anche in quel caso – l’opinione pubblica sui Diritti Umani “disattesi” in quel paese.
Lancia avrà senza dubbio il suo tornaconto, ne sono consapevole, ma mi piace anche pensare che oltre ai meri fini pubblicitari ed economici ci sia anche una certa sensibilità…. non comune nel mondo nel quale oggi viviamo.


Il filmato dello spot Lancia

Un sedile vuoto, un’assenza palpabile, un silenzio assordante. Da un key visual essenziale ma di grande portata nasce una campagna di comunicazione fuori dagli schemi, che parla di pace e di rispetto dei diritti umani, e che è dedicata a chi per la libertà di tutti ha perso la propria.
Il breve filmato si apre sulle Lancia Delta, vetture ufficiali del Summit, tutte nere in arrivo presso l’Hotel de Ville di Parigi, sede dell’incontro. I Premi Nobel convenuti al Summit scendono uno a uno. Si apre la porta dell’ultima Delta, che a differenza delle altre è bianca, ma non ne scende nessuno: il sedile è vuoto, chi deve esserci non c’è.
Sulle note di una musica fortemente emotiva lo speaker scandisce parole toccanti:
Ci sono persone che combattono da sempre.
Uomini e donne che hanno vissuto la propria vita perché noi potessimo vivere la nostra.
Queste persone sono i guerrieri più valorosi che siano mai esistiti.
Vorremmo abbracciarli tutti per un giorno.
Ma c’è un abbraccio che ci manca.
Questo film è dedicato a Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, prigioniera nel suo Paese.

Sembra che l’idea sia nata dalla collaborazione tra il management Lancia e gli organizzatori del Summit - in modo spontaneo - nella fase di definizione delle modalità di presenza e di supporto di Lancia, e si avvalora del sostegno e dell’apprezzamento delle personalità internazionali intervenute al Summit.
Lancia - attenta all’integrazione tra i diversi mezzi di comunicazione - ha deciso poi di sfruttare le potenzialità del web per promuovere, anche online, la campagna per la liberazione per Aung San Suu Kyi attraverso la creazione del sito
http://www.sendyourpeacemessage.org/.


Il premio Nobel per la Pace

Il Premio Nobel per il mantenimento della pace - assegnato annualmente da un comitato nominato dal Parlamento norvegese - è stato previsto nel testamento di Alfred Nobel del 1895 ed è stato assegnato per la prima volta nel 1901 (come gli altri premi previsti da Nobel stesso). Il Premio non è stato assegnato solo 19 volte: durante gli anni delle due guerre mondiali e nei difficili anni compresi tra i due conflitti; negli anni della guerra fredda (1948, 1955 e 1956) e in quelli di quella in Vietnam (1966, 1967, 1972).

Tra i vari premi Nobel per la Pace, assegnati dalla fine della II guerra mondiale ad oggi, mi piace ricordare:
- Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (1954)
- Comitato Internazionale della Croce Rossa e Lega delle Società della Croce Rossa (1963)
- Martin Luther King (1964)
- Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia UNICEF (1965)
- Henry A. Kissinger e Le Duc Tho (1973)
- Amnesty International (1977)
- Madre Teresa di Calcutta (1979)
- Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e UNHCR (1981)
- Lech Walesa (1983)
- Forze di peace-keeping delle Nazioni Unite (1988)
- Tenzin Gyatso, il 14° Dalai Lama (1989)
- Mikhail Sergeyevich Gorbaciov (1990)
- Aung San Suu Kyi (1991)
- Fredrik Willem De Klerk e Nelson Mandela (1993)
- Yasser Arafat, Shimon Peres, Yitzhak Rabin (1994)
- Campagna Internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo ICBL e Jody Williams (1997)
- Medici Senza Frontiere (1999)
- Kofi Annan e Organizzazione delle Nazioni Unite ONU (2001)
- Jimmy Carter (2002)
- Al Gore e la commissione clima Onu (2007)


http://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Nobel_per_la_pace
http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/index.html

sabato 13 dicembre 2008

SOS cagnolini




SOS al rifugio Code Felici

Riporto il post di SOS che sta girando in queste ore tra i blogger romani.... ci sono dei cagnolini da aiutare dopo il disastro della piena del Tevere.
Amici blog-nauti, mi raccomando, leggete con attenzione!!!!!

Cari amici, il Rifuglio delle Code Felici di Roma è sommerso dalle acque.
Non esiste più......
ABBIAMO BISOGNO DI VOI........
Stamattina i volontari si sono trovati di fronte ad un incubo. La strada, piena di fango, non era raggiungibile neanche dai vigili del fuoco e dalle ambulanze.
In 6 sono finiti all'ospedale per ipotermia: si sono buttati nell'acqua gelata per aprire i box con i cani intrappolati dentro. Poi dite che non ci sono eroi a questo mondo.......????
Siamo state ore e ore sotto la pioggia e il fango alle ginocchia ma, grazie ai ragazzi del Rifugio e a quelli della Protezione Civile, molti cani sono stati tratti in salvo. Irrigiditi dal freddo e dalla paura dopo ore e ore in ammollo. Su settantacinque non ce ne sono più sei. Allo strazio si aggiunge la consapevolezza che poteva essere una strage.

Abbiamo bisogno di coperte, pappe, cucce morbide e soprattutto famiglie per adozioni.
I cagnolini sono ospitati sulla Via Braccianese, all'Hotel Cani e Gatti, ma è possibile lenire il loro dramma portandoli a casa o cercando di fare un tam tam adozioni.
Ognuno di noi ne ha presi un paio. E ognuno di noi ne ha già.....
Non ci lasciate soli e andate ad adottarli: sono 60, belli alcuni, meno belli altri ma hanno tutto l'amore che vi serve per avere una vita più bella....... allungateci una zampa e fate girare.

Grazie di tutto!!!!

venerdì 12 dicembre 2008

Nordic Walking nei Monti Sabini

Da Roccantica all'Eremo di San Leonardo

Il Walking Center Roma ha nuovamente organizzato per domenica 14 dicembre la bellissima passeggiata sui Monti Sabini che a causa del maltempo non è stato possibile fare a fine novembre.
L'escursione prevede di partire dall'antico paese di Roccantica e di seguire il sentiero che porta fino all'Eremo di San Leonardo.

Il percorso di ritorno seguirà le rive del torrente Galatina che forma una serie di splendide cascatelle.

Appuntamento: ore 9.00 presso il P.le della Stazione di Saxa Rubra o direttamente a Roccantica (piazza S. Valentino)
Durata: mezza giornata
Difficoltà: Facile - circa 2h di passeggiata
Quota di partecipazione: 8,00 €

Roccantica sorge ai piedi di Monte Pizzuto e Monte Tancia, i due rilievi più elevati dei Monti Sabini, ed è immerso in boschi misti con prevalenza di leccio che con la sua chioma di foglie scure caratterizza fortemente il paesaggio.

L'eremo di San Leonardo è costituito da una cappella ricavata in una grotta naturale e da un piccolo edificio, per metà nella grotta e per metà fuori, che ospitava l'eremita; vi sono le i resti di un affresco e una sorgente sotterranea che crea una piccola vasca d'acqua nella grotta.

giovedì 11 dicembre 2008

Dall’Irlanda al Tibet



La montagna volante

Nel mio girovagare su internet ho trovato la recensione di un libro appena uscito che mi sembra interessante e che penso proprio di chiedere in regalo a Babbo Natale per le prossime feste.

Secondo una credenza tibetana, le montagne sarebbero frammenti di stelle precipitati sulla Terra, e un giorno potrebbero ritornare da dove sono venute, prendendo il volo. Da qui il titolo dell’ultimo romanzo di Christoph Ransmayr, La montagna volante (edito da Feltrinelli), che racconta la sfida portata alla leggendaria vetta tibetana di Phur-Ri, più alta dell’Everest e mai scalata, da due fratelli irlandesi in cerca di una meta impossibile, per riscattare i sogni perduti durante l’infanzia.
Vincitore dell’Heinrich- Boll Preis 2007, oltre che di parecchi premi europei tra cui il Mondello, Ransmayr è venuto in Italia in occasione dell’uscita di due suoi libri, non solo il più recente, La montagna volante, ma anche il suo primo romanzo, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre, (sempre di Feltrinelli) che ripercorre una spedizione artica ottocentesca: entrambi, come tutti i libri di Ransmayr, mettono in scena la lotta primordiale tra l’uomo e la natura, una partita senza fine al cospetto del mistero. «Sono attratto dai mondi più abbandonati e marginali» conferma lo scrittore «non soltanto le vette e i ghiacci, ma anche i deserti, gli oceani, la cui immensità mette ancor più in evidenza la piccolezza e la fragilità umana».

Filosofo ed etnologo, in La montagna volante lo scrittore austriaco fa incontrare due uomini di oggi con una tribù di montanari nomadi che vivono a un livello primitivo, intriso di magia. Le reazioni dei due personaggi sono diverse: Liam, il fratello maggiore, che ha organizzato la spedizione per via telematica, resta appartato, mentre il fratello minore, che è la voce narrante, s’innamora di una donna della tribù e ne condivide l’esistenza. «Indubbiamente rappresentano due tendenze contrapposte» spiega Ransmayr «il fratello maggiore si protegge dai sentimenti con lo scudo della tecnologia, la sua è una vita virtuale, anche la vetta da scalare l’ha individuata sul computer. Il fratello minore, per seguirlo, abbandona il proprio mestiere di marinaio e si trova catapultato in un mondo opposto al suo, però riesce ad adattarsi perché sceglie l’amore, la via migliore per integrarsi in una cultura diversa».
I due fratelli, ormai adulti, hanno in comune soltanto i ricordi dell’infanzia, vissuta con un padre idealista ma perdente che forse, con la loro impresa, cercano di riscattare. In questo senso il simbolo della montagna potrebbe prestarsi a un’interpretazione di tipo psicanalitico. «Il racconto di uno scrittore è sempre suscettibile di tante interpretazioni quanti sono i lettori» prosegue Ransmayr «io dico sempre che ognuno legge nella lingua del suo cuore. Però è vero che la montagna è un simbolo potente, universale. Scalarne una è come fare un viaggio a ritroso nel tempo: alle pendici si trovano insediamenti umani, più in su dominano le specie vegetali e animali, ancora più su c’è la solitudine della pietra e infine si entra nel magico mondo dei ghiacci eterni, in una rarefazione che avvicina al cielo, al mistero essenziale dell’origine».
I due piani narrativi del romanzo, quello del presente in Tibet e quello della memoria in Irlanda, sembrano una scelta inconsueta per un autore austriaco: «Ho vissuto quindici anni in Irlanda, anni importanti anche per i legami di amicizia che intrattengo ancora, quindi si è trattato di un omaggio a una terra a me cara. Quanto al Tibet e all’Himalaya, sono paesaggi che invece conosco per averci viaggiato. Ovviamente uno scrittore può documentarsi in mille modi attorno agli scenari che descriverà in un libro, ma nel mio caso si tratta di esperienze personali»

In questo libro sono descritti paesaggi estremi, dalla desolata isola irlandese battuta dalle tempeste dove vive Liam alle steppe innevate dove le pendici dei monti vengono fissate con i chiodi per timore che volino via. Per questo anche il linguaggio ha assunto una forma rarefatta, quasi “volante”, scandita in righe brevi e disuguali come in una poesia.
«Non è detto che qualsiasi testo con frasi di lunghezza diversa e frequenti a capo, sia poesia» assicura lo scrittore austriaco «in questo caso ho voluto riproporre un andamento da racconto orale, fuori dalla tradizione scritta, come nell’antica arte della narrazione tibetana. È un libro che si presta molto alla lettura ad alta voce, c’è chi vi ha trovato una suggestione ipnotica». Vi si legge: «…ho sognato/ che non era stata la nostalgia di terre lontane o / lo struggimento per un’inviolata macchia bianca dell’atlante/ … a farci cercare una montagna dimenticata, / ma che quella montagna aveva trovato noi, / le sue vittime, due figure infinitamente piccole/ .. si era spinta verso di noi, immensa e possente/ avvolgendoci con fiammeggianti pennacchi di neve».

L’autore
Christoph Ransmayr è nato nel 1954 a Wels in Alta-Austria. Ha studiato etnologia e filosofia a Vienna ed è stato per qualche anno cronista culturale. Con Il morbo Kitahara, sullo scenario apocalittico di un’Europa sconvolta, ha vinto il Premio Mondello. Dal 1982, si dedica esclusivamente alla letteratura. Collabora con varie riviste e scrive racconti di viaggio.

Christoph Ransmayr
La montagna volante
Feltrinelli 2008
€uro 19,50

mercoledì 3 dicembre 2008

Livelli di maturità




Le cinture nel dojo

Oggi vi vorrei parlare della gerarchia dei gradi di cintura nelle arti marziali in generale e, in particolare, nel kung fu di Okinawa che pratico ormai da cinque anni.

I livelli delle varie cinture (la gerarchia) è detto kyudan e si suddivide nel sistema degli allievi (kyu o mudansha) e in quello delle cinture nere (dan: yudansha e kodansha).
Il kyu rappresenta il grado di scuola o di apprendimento e il dan è inteso come grado di autoperfezionamento.
Prima dell'arrivo in Giappone del maestro Funakoshi non esistevano gradi nel karate e fu lui ad inserirli nel 1926, ispirandosi al fondatore del Judo moderno - Jigoro Kano - che a sua volta si era richiamato ad un uso proprio degli antichi sistemi marziali giapponesi.

Kyu o mudansha (i gradi della purezza e dell’apprendimento)
Kyu = cintura BIANCA (rokkiu)
Kyu = cintura GIALLA (gokiu)
Kyu = cintura ARANCIO (shikiu)
Kyu = cintura VERDE (sankiu)
Kyu = cintura BLU (nikiu)
Kyu = cintura MARRONE (ikkiu)

Chiunque intraprende la strada delle arti marziali comincia nel livello shu (della forma) che comprende l'intero sistema kyu: in esso rientra l'apprendimento basilare delle tecniche e degli esercizi (omote) e il raggiungimento del livello psicofisico necessario per toccare i livelli superiori. Si tratta di costruire e rafforzare autodisciplina, volontà, pazienza, comprensione e convivenza con altri, elementi senza i quali non è possibile progredire.
Durante questo primo periodo lo sviluppo della tecnica è l'unico criterio di misurazione utilizzabile.

Yudansha ovvero "il guerriero" (i gradi della maestria tecnica)
Il livello yudansha giunge sino al quarto dan e corrisponde al livello della "libertà della forma" (ha), il livello del guerriero. Il praticante diviene pian piano esperto di quella stessa tecnica utilizzata ai livelli kyu che però, solo in questa fase, viene compresa nel suo significato reale.

Dan = cintura NERA (shodan) - grado dell'allievo che cerca la via
La cerimonia dello shodan nel Kung fu di Okinawa consente di indossare la cintura nera ed è il primo passo dell'allievo lungo la Via (do): in questo momento comincia la vera arte.
Lo studio si raffina e l'arte marziale viene valutata anche dal punto di vista psico-fisico: l'allievo è in grado di capire che dietro l'esercizio fisico c'è la ricerca di uno stato mentale più appagante, così i gradi si evidenzieranno solo quando il praticante avrà superato il livello della dipendenza dalla forma.Shodan-Shodoshi = istruttore

Dan = cintura NERA (nidan) - grado dell'allievo all'inizio della via
Dan = cintura NERA (sandan) - grado dell'allievo riconosciuto
Nel 2° dan (nidan) e nel 3° dan (sandan) si uniscono la comprensione dell'importanza dell'atteggiamento mentale e la maggiore efficacia delle tecniche.

Dan = cintura NERA (yondan) - grado dell'esperto tecnico
Il 4° dan (yondan) è il "livello dell'esperto" e del combattente completo.
Il confine della tecnica puramente corporea viene raggiunto e chi lo acquisisce sa che per poter migliorare dovrà cercare e percorrere nuove vie. Egli interiorizza gli aspetti spirituali dell'arte vivendoli tanto nel dojo, quanto nella vita quotidiana. A questo livello si forma il legame tra la filosofia dell'arte marziale e tecnica: si possono controllare lo spirito, il respiro e l'energia (il Ki) con l'esercizio fisico, legarli alla tecnica e svilupparli al massimo: nella ricerca della perfezione interiore l'esperienza e la maturità offriranno un fondamentale aiuto.
Yondan = maestro

Kodansha (i gradi di maestria spirituale)
I gradi kodansha sono propri del vero maestro di arti marziali: solo essi permettono di condurre un allievo al di là degli aspetti puramente formali della tecnica preparandolo alle conoscenze della Via (do).

Dan = cintura BIANCO-ROSSA (renshi kokoro) - grado della conoscenza
Dan = cintura BIANCO-ROSSA (renshi)
Dan = cintura BIANCO-ROSSA (khioshi)
Kokoro è colui che raggiunge questa capacità tra il 5° e il 6° dan, ad una età minima di trent'anni perché tale stato presuppone oltre all'esperienza dell'arte marziale anche quella di vita. Questi dan vengono chiamati anche renshi ed indicano la maturità spirituale di un uomo: sono perciò i gradi dei maestri autonomi.
Sino al 5° dan è possibile ottenere il grado per mezzo di un esame dopo aver studiato un programma prestabilito, oltre al 5° dan i gradi vengono conferiti solo per meriti conseguiti nell'insegnamento, per comprovata dedizione all'arte e per la diffusione dell’arte marziale
e dei suoi valori.


martedì 2 dicembre 2008

60° anniversario



Dichiarazione universale dei diritti umani

Esattamente 60 anni fa, il 10 dicembre 1948, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Per la prima volta nella storia dell'umanità, era stato prodotto un documento che riguardava tutte le persone del mondo, senza distinzioni. Per la prima volta veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo.

Nonostante ciò la Dichiarazione è ancora disattesa, perché ancora troppo poco conosciuta e la prossima settimana sarà ricca di manifestazioni, convegni, attività (organizzate prevalentemente da Amnesty International) con le quali ricordare un anniversario così importante.
Il 13 e 14 dicembre, per esempio, in moltissime piazze italiane saranno organizzati dei punti di incontro per la raccolta fondi nazionale di Amnesty.
Con un'offerta minima di 7 euro sarà possibile ricevere una candela, simbolo del movimento, e sarà l'occasione per compiere un gesto importante: ogni candela, infatti, contribuirà a dare speranza a tutte le persone che vedono i propri diritti violati ogni giorno.
Aiutandosi con questo link si può trovare la piazza più vicina nella propria città oppure è anche possibile acquistare la candela on-line.
Ai tavolini si potrà anche firmare l'appello per la campagna "Mai più violenza sulle donne" cui sono dedicate le Giornate Amnesty 2008.

Dal sito di Amnesty Internationa Italia (http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8) è possibile scaricare:

lunedì 1 dicembre 2008

Una promessa mantenuta



Margherita e il Dalai Lama

Sono passati quasi 4 mesi dalle Olimpiadi di Pechino e la promessa fatta da Margherita Granbassi in occasione delle sue due medaglie di bronzo è stata finalmente mantenuta.
Margherita è infatti riuscita (dopo giorni e giorni di contatti e tentativi) ad incontrare a Praga ieri, domenica 30 novembre, il Dalai Lama e gli ha regalato la sua maschera di gara. Il capo spirituale dei tibetani a sua volta ha donato una sciarpa bianca all'atleta italiana che si è commossa.

L'incontro ha avuto luogo in un grande albergo nel centro della capitale della Repubblica Ceca. "Sono molto emozionata all'idea di incontare il Dalai Lama", aveva detto Margherita prima dell'incontro, ricordando che "lui è un uomo che da sessant'anni combatte in modo pacifico per la causa del suo popolo. Ho sempre ammirato l'equilibrio con cui ha saputo guidare la propria gente e farne sentire la voce in tutto il mondo dall'esilio. So che il mio gesto è una cosa piccola rispetto alla dimensione del problema, ma credo anche che sia dovere di ognuno fare quel che è nelle sue possibilità per contribuire al rispetto dei diritti umani".
"È stata una grande emozione - ha detto poi Margherita - tanto che ancora non credo di essermi ripresa. Poter stare a pochi centimetri di distanza da lui è stata veramente qualcosa che mi ha fatto provare una sensazione meravigliosa. Ho potuto abbracciarlo, mentre io pensavo che avrei dovuto stargli a debita distanza. Invece ho scoperto una persona che ha avuto la capacità di mettermi immediatamente a mio agio. Non so quanto sia durato l'incontro: potrebbe essere durato un minuto come un'ora. Lui mi ha messo intorno al collo la sciarpa bianca e io gli ho raccontato cosa serve la maschera allo schermitore. Poi gli ho spiegato che ho deciso di donargli la maschera e non il fioretto. Il fioretto è un'arma che offende, mentre la maschera protegge, quello che fa lui con il suo popolo".

Appena tornata in Italia dalle Olimpiadi cinesi la Granbassi - a conoscenza della repressione attuata proprio in quei giorni nel Tibet - decise di donare la propria maschera al Dalai Lama, dicendo che "la stessa maschera che mi ha protetto a Pechino dagli attacchi delle mie avversarie, vorrei che potesse servire a lui per proteggere il suo popolo dai soprusi".
La sua presa di posizione a Pechino spinse altri atleti, come Antonio Rossi e Josefa Idem, a unirsi nella solidarietà al popolo tibetano e nella difesa dei diritti civili. Ma nessuno è stato duro come la Granbassi in quei giorni: "Mi sono sentita quasi in colpa. Per aver gioito per le mie due medaglie, mentre nello stesso paese si reprimono le manifestazioni di gente innocente. Siamo stati protagonisti di un simpatico teatrino. A questo punto credo che le Olimpiadi siano state inutili".