mercoledì 11 giugno 2008

Il vento tra gli aquiloni




Una centrale elettrica ad aquiloni

Kite Gen, è il progetto a cui lavorano Mario Milanese, appassionato di vela e docente al Politecnico di Torino, e Massimo Ippolito, kite surfer per hobby, con l'idea di rivoluzionare dalle fondamenta il modo di produrre energia eolica.
Il fatto che il primo abbia un'azienda di sistemi automatizzati e il secondo insegni "Controlli automatici" all'università ha solo fornito gli strumenti per dare la scalata ad un obiettivo, a prima vista, impossibile: produrre tanta energia elettrica quanto una centrale nucleare, solo grazie al vento. Partendo non dalle gigantesche eliche delle turbine che ormai si costruiscono un po' dappertutto, ma dagli aquiloni dei bambini.

Se avete mai usato un aquilone, avete sentito quanto il vento tira sulle mani.
Più è grande, più tira. Come vi spiegherà qualsiasi amante di kite surfing, possono far volare anche gli uomini. "Anzi - dice Massimo Ippolito - li costruiscono inefficienti apposta, altrimenti ti porterebbero via". Più in alto arrivano, più forte tirano.”
A questo punto non è più un gioco per bambini e neanche uno sport. È un'occasione: le forze, in natura, non si sprecano. Soprattutto, se si possono usare per generare elettricità.
Tutto questo, comunque, per ora è sulla carta. KiteGen, finora, ha solo fatto volare il prototipo, generando, in tutto 2,5 kilowatt. "Ma - assicura Mario Milanese - il prototipo ha rispettato le simulazioni del computer e questo ci rende fiduciosi sul fatto che anche le altre simulazioni siano realistiche".

Kite Gen, non è però l'unico progetto nel mondo a puntare in questa direzione, ma è anche uno dei rarissimi casi in cui l'Italia - che le energie rinnovabili, normalmente, si limita a comprarle - è alla frontiera della ricerca. All'idea del vento dagli aquiloni lavorano anche, infatti, almeno altri due gruppi, in Olanda e in California.

In un capannone di Chieri, alle porte di Torino, l'aquilone elettrico dispiegato non è altro che un normale kite per il surfing.
Assicurato a due leggeri cavi, da 3 millimetri di diametro, lunghi 800 metri, l'aquilone si libra in volo, sostenuto dal vento. Srotolandosi, i cavi fanno girare due cilindri ed è questa movimento che genera energia, come si carica una dinamo. Ma questa è la parte più facile. La potenza generabile dall'aquilone aumenta in funzione della velocità con cui si muove rispetto al vento. La parte importante del Kite Gen è, infatti, il sistema di navigazione. Dei piccoli sensori, con rilevatori Gps, sono fissati sull'aquilone e collegati con un computer a terra che gestisce la navigazione dell'aquilone: un software manovra piccole trazioni sui cavi per assicurare che il kite proceda tracciando vorticosi 8 nel cielo. Grazie a queste scivolate d'ala, l'aquilone aumenta il suo differenziale di velocità rispetto al vento e, dunque, la potenza elettrica generabile. In pratica, l'aquilone si comporta come la striscia più esterna dell'elica di una turbina, senza dover far girare complicati ingranaggi.
Quando il cavo è tirato al massimo, l'aquilone non genera più elettricità. Uno dei due cavi viene mollato, l'aquilone si impenna, non offre più resistenza al vento e viene riabbassato: "Per recuperarlo, consumiamo il 15% dell'energia generata in ascesa".
Il passo successivo è immaginare una serie di questi yo-yo che funzionano insieme. "Basterebbe tenerli distanti 70-80 metri l'uno dall'altro - dice Mario Milanese - mentre le turbine devono essere separate da più di 300 metri". Questo significa che, invece di avere decine e decine di torri eoliche ad ingombrare il paesaggio, per generare la stessa quantità di energia basterebbero alti e invisibili aquiloni che, a terra, non occuperebbero più spazio di una normale centrale elettrica.

L’articolo completo è pubblicato su La Repubblica dell’11 giugno.
Il sito con materiali e le informazioni della ricerca è
http://www.kitegen.com/index_it.html.

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