martedì 29 settembre 2009

Iliade cinese




Il nuovo kolossal di John Woo

Oggi su La Repubblica on line c'è un bellissimo articolo di Federico Rampini sul nuovo film di John Woo (divenuto celebre per la direzione di film come Mission Impossible 2, Red Cliff e Face Off) che dovrebbe uscire in Italia il prossimo 23 ottobre.
Il film, dal titolo "La battaglia dei tre regni", racconta un episodio leggendario del Celeste Impero ed è costato 80 milioni di dollari rendendolo il film più costoso mai realizzato in Cina. L'episodio narrato dal regista è una storia vera avvenuta oltre 1800 anni fa, quando il popolo cinese riuscì a vincere una enorme battaglia pur trovandosi in inferiorità numerica.
Il film, diviso in due parti a causa della sua lunghezza "epica" nei paesi asiatici, arriverà in occidente in una versione unica, accorciata di parecchio.

La storia si svolge durante la dinastia Han, nel 208 dopo Cristo, quando la Cina è suddivisa in molti stati in guerra tra loro malgrado la presenza dell'Imperatore Han Xiandi.
L'impero è in realtà in mano al Primo Ministro Cao Cao che, manovrando l'Imperatore come un pupazzo, porta il paese alla guerra totale conosciuta come La Battaglia dei Tre Regni.
Questa famosa battaglia è già stata immortalata in un libro, Il romanzo dei tre regni, che benché scritto quasi settecento anni fa, è ancora molto letto in tutta l'Asia ed è stato lo spunto per oltre una dozzina di videogame e per moltissimi fumetti.
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La mission impossible di John WooUn kolossal sull'"Iliade cinese"
di FEDERICO RAMPINI
(29 settembre 2009)

È l'anti-Tarantino, una violenza stilizzata, epica, fredda, coreografica.
È un laborioso approccio al dialogo tra Oriente e Occidente, il tentativo di un cinese della diaspora di riappropriarsi della storia del suo paese per spiegarla anche a noi.
Dal 23 ottobre nelle sale italiane, La battaglia dei Tre Regni, kolossal diretto da John Woo, è il film più costoso (80 milioni di dollari) mai realizzato in Cina. Un superbo approccio al cinema d'autore da parte di un regista più celebre per i film d'azione e i thriller di successo, da Face/Off (1997) a Mission: Impossible 2 (2000). Un film complesso, raffinato e cerebrale, che si cimenta con un episodio leggendario della storia cinese più antica.
Secondo alcune versioni, è quell'evento l'origine stessa della formazione del Celeste Impero. La vicenda si situa nel 208 d. C., l'epoca degli Stati guerrieri, che l'imperatore Han Xiandi dovrà domare nel sangue per poter unificare la Terra di Mezzo. Al centro del film c'è la battaglia tra il primo ministro Cao Cao, e i riottosi signori della guerra che rifiutano di sottomettersi. Epidemie di peste, cadaveri infetti usati nella prima "guerra batteriologica", duemila navi incendiate che cambiano il corso della storia: gli ingredienti grandiosi abbondano, la materia prima è straripante.
Il luogo, la Scogliera Rossa, dà il titolo alla versione originale e anche a quella inglese. Un luogo letterario, perché di questa battaglia s'impadronì nel tredicesimo secolo Luo Guanzhuong, nel romanzo Le cronache dei tre regni. Un'Iliade dei cinesi e di tutti gli asiatici: è tuttora molto letto in tutto l'Estremo Oriente, ha ispirato autori di fumetti e manga, è stato rielaborato in una dozzina di videogame di Koei. Soggetto incandescente, per un autore che in Cina è tornato dopo un lungo nomadismo.
John Woo (Wu all'origine) nacque a Guangzhou (ex Canton) nella Cina meridionale ma la sua famiglia fuggì a Hong Kong quando lui aveva solo quattro anni. Nell'allora colonia britannica studiò dai gesuiti, al Matteo Ricci College. Cominciò a fare film sperimentali quando aveva solo 19 anni, in quel laboratorio creativo che è stato Hong Kong. Un luogo dove l'Asia e l'Occidente si sono contaminati per decenni con esiti sorprendenti, seminando genialità anche nei B-movies. Proprio come nel caso dei "noir" violenti della prima fase di Woo, le gangster-story A better tomorrow create in partnership con l'attore Chow Yun-fat.
Da Hong Kong al balzo transoceanico verso Hollywood, Woo sembrava destinato a una brillante carriera da esule, da molti anni a suo agio nei codici di linguaggio e nelle regole del business americano. E invece il richiamo della foresta è stato irresistibile. Per la sua prima grande produzione nella terra natale, Woo ha mostrato umiltà, e una meticolosità maniacale. Ha puntato molto in alto, con un'ambizione spericolata: riuscire nello stesso film a incantare il pubblico asiatico che di quella storia conosce già ogni dettaglio; e conquistare gli occidentali per i quali la Cina antica resta avvolta in un mistero. (C'è riuscito solo accettando un compromesso: la versione asiatica, molto più lunga, esce in due puntate di quattro ore; in America e in Europa gli spettatori hanno diritto a una versione "compatta" e dimezzata). Ha mobilitato risorse eccezionali, sforzi titanici che forse solo nella Repubblica Popolare sono possibili. In cerca dei luoghi esatti in cui si svolse la battaglia della Scogliera Rossa, si è scontrato con lo choc della modernizzazione: i paesaggi originali erano stati violentati dall'industria, dall'urbanizzazione, dall'inquinamento. Per ricreare i luoghi e le atmosfere di diciotto secoli fa, ha costruito un monte artificiale, spostando masse di terra per chilometri. Ha passato mesi a studiare i costumi d'epoca, le tradizioni e i riti, perlustrando archivi che in certi casi erano stati trafugati e spostati fino in Giappone.
La formidabile ricchezza di mezzi è ben visibile nelle ricostruzioni delle battaglie: l'uso di eserciti di comparse, che fanno da contorno a un cast sterminato in cui brillano le massime star maschili del cinema cinese. Su tutti Tony Leung di Lussuria, Takeshi Kaneshiro di La foresta dei pugnali volanti, in una tensione di amore-odio che in Occidente sarà letta sicuramente anche come sublimazione omosessuale.
È significativo che il nomade Woo abbia finito per ricongiungersi alla parabola artistica e ideologica del suo connazionale più famoso, Zhang Yimou. Dopo aver distrutto la propria memoria storica, amputando generazioni intere del loro passato, la Cina di oggi sembra ansiosa di ritrovare un legame emotivo con i propri fasti imperiali. Quello che per lo spettatore occidentale è puro spettacolo, in Asia assume una dimensione diversa: è l'irruzione della Storia nella formazione di una coscienza nazionalpopolare.


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