mercoledì 4 novembre 2009

Iron Curtain Trail


Un lungo sentiero nella pancia dell'Europa

Era la frontiera tra il profondo nord e le porte dell'Asia mediterranea... era un mondo fatto di filo spinato, bunker, mine anti-uomo e torri di guardia... era un "muro" che separava due mondi opposti e completamente diversi...
Oggi è cambiato tutto e quella "striscia" di terra (lunga ben 7.000 km) è diventata un fantastico sentiero attrezzato per trekker e ciclisti: si viaggia per 17 paesi e si attraversano 26 gradi di latitudine.

Magistralmente ci conduce per mano in questo viaggio Paolo Rumiz (articolo tratto da La Repubblica di mercoledì 21 ottobre 2009).

In bici sulla cortina di ferro
di Paolo Rumiz (La Repubblica del 21 ottobre 2009)

La Iron Curtain Trail era una frontiera fatta di filo spinato, bunker, mine anti-uomo, dal Mare Artico al Mar Nero: il muro tra capitalismo e comunismo Ora è il sentiero dei trekker e dei ciclisti nella pancia dell´Europa che corre lungo diciassette paesi e ventisei gradi di latitudineUna cicatrice lunga settemila chilometri, dai cieli di piombo del Nord fin quasi alle porte dell´Asia Mediterranea. Settemila chilometri di fili spinati, mine anti-uomo, bunker, cavalli di frisia e torri di guardia che per mezzo secolo hanno diviso il mondo. Oggi due terzi di quell´immenso apparato di sicurezza sono stati smantellati, e intere sezioni dell´ex fascia “off limits” tornano percorribili in tranquillità.
La gabbia della prigione si apre, e per una vendetta della storia proprio quella prigione diventa uno degli spazi più liberi d´Europa. Boschi, brughiere, pantani, scarpate, spiagge, montagne, fiumi, accessibili per mezzo secolo solo a militari, vengono dissequestrati e, a vent´anni dalla caduta del Muro, si collegano per formare un unico spazio di viaggio, una strada spalmata su diciassette nazioni e 26 gradi di latitudine: l´”Iron Curtain Trail”, “Ict”, il sentiero della Cortina di Ferro.
Settemila chilometri da fare anche in bici, perfettamente segnalati, dal Mare Artico al Mar Nero. Avventura garantita. Si viaggia così: in bilico tra l´idillio e l´incubo, tra i boschi di Pollicino e il fantasma del dottor Stranamore; via per spazi immensi, in una surreale commistione di pace e paranoia. Non c´è tregua, fin dall´estremo Nord, sulla frontiera che separa la Russia dalla Norvegia e la Finlandia. È la parte più tosta del viaggio, perché i reticolati ci sono ancora, e dalla parte russa trovi il confine forse più militarizzato del mondo. Visti difficili, controlli esasperanti, lande desolate, cave di minerali strategici guardate a vista dal Grande Fratello.
L´Ict vi spinge sulla parte finlandese. Strade migliori, una rete capillare che presidia un labirinto di laghi e boschi, locande, campeggi. Anche in quel Paese sconfinato non sarete mai completamente soli. La zona a sud del lago Inari è uno spazio per pescatori e bracconieri, roba da Tranquillo weekend di paura, ma anche lì, lontano da tutto, la storia dell´Europa divisa vi segue e vi ammaestra. Su Suomussalmi pesa l´ombra del conflitto russo-finlandese, la Guerra d´inverno combattuta nel ´39-´40 dopo lo sfondamento nazista in Polonia.
La pista porta a Sud fino al Baltico, sempre in Finlandia, ma le anime nomadi non potranno negarsi il piacere di un´occhiata dall´altra parte, nella Carelia russa, traversando verso Kostamuksa dal tostissimo check point di Vartius, e seguendo a zigzag fino a Wyborg (che fino al ‘39 fu la più grande città finlandese e ora ha cambiato padrone) la linea ferroviaria che consente in ogni caso di imbarcare la bici. I treni russi, puntualissimi, sono un´avventura. Sarete in compagnia di cordialissimi trekker con zaini enormi, pescatori, canoisti. Non troverete un occidentale neanche a morire, di locande non se ne parla (tendina indispensabile), ma l´ospitalità dei locali vi toglierà d´impaccio.
L´aggancio non lascia scampo: «Dove vai?», «Di dove sei?», «Vieni a bere un tè», cui segue l´offerta della cena e del letto, unita a infiniti consigli su come evitare mafie locali e ubriachi molesti. Alla fine vi dispiacerà abbandonare questo popolo e questi laghi dove basta un´esca vuota per beccare un salmone. Wyborg è un bivio strategico dell´Ict. Prima scelta: tornare in Finlandia e traghettare su Tallinn per seguire lungo il mare le repubbliche baltiche (lì la cortina di ferro correva sulla battigia, con decine di installazioni militari che oggi, smantellate, liberano centinaia di chilometri di costa vergine). Seconda scelta: restare in Russia e tagliare su Pietroburgo per entrare in Estonia da Narva, uno dei confini più antichi d´Europa, con due tetri castelli che si guatano su un fiume.
Terza scelta: sempre da Pietroburgo saltare sul ferry per Kaliningrad (enclave russa, dunque non serve un secondo visto), luogo inimmaginabile popolato di ricchi, affaristi e avventurieri, per sbarcarvi in bicicletta e poi traversare in Polonia. Brume azzurrine, tramonti color salmone, buie foreste, castelli di cavalieri teutonici, l´estuario immenso della Vistola, poi Danzica, dove il Muro cominciò a sgretolarsi con Solidarnosc, poi ancora il Baltico ventoso fino ai porti anseatici dell´ex Germania Est. All´altezza di Travemunde la Cortina partiva verso Sud, tagliava le colline tedesche, e oggi - smantellata o trasformata in museo - ci consegna uno degli spazi più verdi della vecchia Europa, una vera “Green Belt” che unisce il Baltico ai monti della Boemia.
Tutto perfetto, ripulito, non c´è più nemmeno la ruggine a dire quanto tempo è passato. Là dove il passo pesante dei Vopos batteva la ghiaia, oggi hai alberghetti, fattorie, locande con birra alla spina, kartoffel e wienerschnitzel. Ma a poca distanza dalla cittadina di Geisa, ecco il Check Point Alpha, perfettamente conservato. Siamo nel tratto più occidentale del Patto di Varsavia, la famigerata “breccia di Fulda” dove le truppe dell´Impero avrebbero potuto sfondare verso il Reno e dove stava all´erta il grosso dei militari della Nato. Cominciano le montagne, poco oltre c´è il Danubio a indicarci la strada. Boemia, reticolati riciclati per delimitare le proprietà, torri di guardia, cervi, vecchie linee ferroviarie asburgiche, locande all´antica. Ora il percorso è uno slalom tra le due parti dell´ex Europa divisa. A Zahorie in Slovacchia, il segno di un altro scontro di civiltà: la fortezza che sbarrava la strada ai Turchi. Poi ancora riserve naturali, musei a cielo aperto dell´era comunista, foreste e bunker della Seconda guerra mondiale. Siamo in Pannonia. In Ungheria la vecchia cortina vive la sua mutazione più impressionante. La Ue sta a est e gli extracomunitari (Croazia, Serbia) a ovest; in mezzo all´Unione si spalanca il vuoto di un altro mondo ex: la Jugoslavia. I poveri di ieri sono i ricchi di oggi, e viceversa. Campagne immense, trombe di zingari, odor di carbone, check point rilassati, e il viaggio si avvicina all´Oriente, alle terre raccontate da Magris ne Il Danubio, col grande fiume che s´infossa tra Serbia e Romania prima delle ultime pianure. Kikinda, Bela Crkva, Kladovo, Negotin: a sud i nomi dei luoghi cominciano a cantare. A Strumica in Macedonia hai la più alta concentrazione mondiale di suonatori di fiati. Sui monti Rodopi, in Bulgaria, cantano i primi muezzin e, a due passi dagli ex reticolati con la Grecia, vive Valja Balkanska, una delle voci più straordinarie del mondo. Anche qua, guai a farsi catturare troppo da piste, parchi e musei. Un viaggio lungo una frontiera deve essere fatto di sconfinamenti. Specialmente in queste terre bastonate dagli imperi e dalle nazioni.


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