lunedì 3 novembre 2008

Dialogo tra Tibet e Cina



I negoziati tra il Tibet e la Cina

"Deluso" e "confuso". Così si definisce il Dalai Lama in un'intervista esclusiva a Sky Tg24, nella quale torna a denunciare "l'occupazione militare" del Tibet. "Sono deluso per i rapporti con la Cina. Sono confuso anche se è difficile ammetterlo. Vedremo come si evolverà la situazione", ha spiegato.

"La Cina ha condannato a morte il Tibet che ormai vive sotto la legge marziale": è il grido di dolore del Dalai Lama, che da Tokyo (è in visita per una settimana in Giappone proprio mentre i suoi emissari si accingono ad avviare un'ottava tornata di colloqui con Pechino) ha anche ribadito la scelta annunciata una settimana fa di mettersi momentaneamente da parte dopo che la linea del dialogo con Pechino non ha prodotto risultati.
"Per i tibetani è stata pronunciata una condanna a morte", ha denunciato il leader spirituale del popolo himalayano, "questa antica nazione e la sua eredità culturale stanno morendo", ha dichiarato ai giornalisti.

Questo nuovo messaggio pessimistico del settantratreenne premio Nobel per la Pace arriva a due settimane dalla sessione speciale del parlamento in esilio in programma il 17 novembre a Dharamsala.
A quella riunione il Dalai Lama ha anticipato che avrà un ruolo da "semi-pensionato", dopo esser stato per decenni la guida spirituale e politica del suo popolo. "Non credo che mi ritirerò del tutto", ha spiegato, "ma fin quando tratto con Pechino non posso assumere una piena responsabilità, la mia posizione è completamente neutrale".
L'incontro del 17 fra tutte le componenti tibetane potrebbe segnare una svolta con l'abbandono della linea del dialogo, anche alla luce delle speranze deluse di arrivare all'autonomia in cambio della rinuncia all'indipendenza.
In questo senso le Olimpiadi di Pechino hanno confermato che la Cina non è disposta ad allentare la presa sulla regione.

Il Dalai Lama è comunque sicuro che la violenza non potrà prevalere sulla non violenza: "su questo siamo tutti d'accordo. Anche i giovani che criticano di più. La realtà è che il Tibet è sotto occupazione militare. Anche oggi, ovunque c'è paura e terrore ecco perché non posso tirarmi indietro, non posso più restare indifferente", ha commentato.
"Se il Parlamento non è d'accordo con la mia linea", ha aggiunto nel corso dell'intervista, "sono pronto a lasciare. Poi a fine novembre ci riuniremo tutti in India a New Delhi. Verranno i nostri sostenitori da tutto il mondo, anche dall'Italia e insieme decideremo cosa fare".


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